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RESTAURO PIAZZA TRIESTE: il Ponte e lo Spalto
a cura del prof. Leone Parolo del Centro Studi sui Castelli
I RESTI DEL PONTE - SITUAZIONE DI FATTO
Uno degli elementi più interessanti emersi dagli scavi è senza dubbio costituito da quanto resta del ponte
che collegava il cortile del castello con la sponde di Città. Si tratta di due grandi piloni centrali
con arcate mozze e di due monconi di arcate in bilico presso le sponde di imposta. Il ponte era quindi
a tre arcate.
Purtroppo tutte e tre queste arcate furono demolite intenzionalmente sella sezione di chiave ancora
quando il ponte doveva essere fuori terra. Quando ciò sia avvenuto è impossibile precisare. Si potrebbe
tuttavia congetturare con una certa probabilità che le arcate siano state così demolite in previsione di
un tentativo di resistenza all'armata francese da parte della guarnigione del Castello quando le truppe
Napoleoniche raggiunsero Montagnana nel 1797.
Benché nella Carta Zappati Malvezzi (Sec. XVI e XVII, Archivio Storico Comunale di Montagnana, Sez. Mappe)
sembri di poter contare quattro arcate nel ponte che esce dal Castello, la quarta arcata è effettivamente
appena accennata e il disegnatore potrebbe essersi confuso o essersi riferito alla propaggine della piramide
di fondazione dell'antemurale contro il quale il ponte si imposta ancor oggi.
Il Ponte, che viene attestato come integro dalla storica Mappa sopra citata la quale è posteriore di
una settantina d'anni alla Guerra di Cambray (il che esclude di datare il guasto all'epoca di questa),
non aveva i levatoi, mentre questi sarebbero stati una struttura di inderogabile necessità nei ponti
castellani risalenti all'età medioevale. Ciò attesta che il ponte ora ritrovato risale a periodo successivo al Medioevo.
I due piloni centrali appaiono di costruzione robustissima e la muratura sembra in ottime condizioni.
Invece le sezioni di arcata impostate contro l'antemurale e contro l'approdo di città che facevano da
spalle al ponte, sono pericolanti e segnano degli evidentissimi ed impressionanti distacchi che
determinerebbero un inevitabile crollo di questi spezzoni d'arco terminali residui se venissero
rimosse le masse di terreno di riempimento che li sostiene.
Poiché nell'Ottocento il piazzale fu tombato (forse completando un interramento parzialmente
fatto nel 1797 dai Francesi quando ebbero necessità di raggiungere l'interno del Castello dopo
che il ponte era stato reso inservibile con le demolizioni in chiave d'arcata) significa che questo
ponte era pre-esistente al secolo XIX e quindi la costruzione di esso deve risalire all'epoca
Veneziana (1405-1797). In anni successivi alla Guerra di Cambray, il vecchio ponte medioevale che,
se c'era (e non c'è motivo di dubitarne), doveva essere munito di levatoi, deve essere stato sostituito
da un manufatto nuovo a sole tra grandi arcate.
Oltre ai danni d'epoca, che sono strutturali, il manufatto rimesso in vista presenta, nella parte superiore
sulla quale doveva correre la carreggiata, impressionanti scarificazioni causate da scavatrici meccaniche
dei nostri tempi che hanno asportato notevole quantità di materiale murario secondo trincee longitudinali
piccole e grandi caoticamente tracciate e aventi lo scopo di far passare le tubature sotterranee del gas,
dell'acqua, dell'energia elettrica e del telefono.
CONSERVAZIONE IN VISTA DEL PONTE - INTERVENTI POSSIBILI
Da datare al periodo veneziano appare ad un certo punto interrotto in un modo (immorsature aperte) che lascia
indovinare l'intenzione di proseguirne la costruzione fino all'antemurale.
Lo spalto prosegue pure a nord dell'antemurale e sembra avvolgere alla base anche la torricella angolare.
Anche qui appare protetto nella parte che era a contatto con l'acqua dalla solita struttura muraria e
tessitura incerta, ma ancora capace di autostenersi.
SPALTO - PROSPETTIVE DI INTERVENTO
Si tratta dei resti di un manufatto antico che aveva una propria funzionalità e non ci sarebbe motivo per
demolirlo, tanto più che esso assicura anche una specie di rincalzo statico alla muraglia del castello che
potrebbe essere assai importante.
Il caso delle mura di Cittadella dove un'insana smania di riutilizzo dell'antico ha portato all'asportazione
dei terrapieni di rinfianco della cinta in molti punti sia all'esterno che all'interno determinando danni
statici gravissimi con strapiombi e penzolamenti delle strutture antiche, deve essere sempre un esempio
ammonitore.
A questo proposito desta qualche preoccupazione il fatto che gli scavi siano stati estesi a questo
terrapieno con sbancamenti distruttivi dell'esistente.
Si tratta pur sempre di un manufatto antico sebbene di terra e sembra abbastanza obsoleta l'idea che
dal punto di vista archeologico, i manufatti di terra siano testimonianze così poco rilevanti da
poter essere demoliti senza perdita di sostanza storica.
Questo terrapieno andrebbe pertanto consolidato, restaurato e reintegrato nelle parti scavate.
Le parti asportate con gli scavi andranno ricostruite impiegando terra a buon contenuto argilloso cercando
nel contempo di ricostituire la sagoma dello spalto.
Le tessiture murarie ad opus incertum andranno accuratamente preservate da manomissioni e restaurate
con tecniche di consolidamento ove occorra.
La parte superiore sarà destinata a piano di calpestio dato che questo spalto consentirà le comunicazioni
pedonali fra la Biblioteca e l'ingresso del cortile del Castello.
Tuttavia sarebbero da evitare lastricature di qualsiasi tipo, salvo forse per ricavare due tracce di
corsie pedonali che potrebbero essere pavimentate con materiale idoneo al fine di evitare la formazione
di fanghiglia.
La migliore soluzione resterebbe comunque una sistemazione a superficie erbosa o, al massimo, costipata
di frantume di cava di pietra tenera.
Per quanto concerne i resti delle murature di contenimento pare che essi non richiedano particolari tipi
di intervento così che potrebbero essere conservati come stanno.
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